“Il Signore di Notte” di Gustavo Vitali

Gustavo Vitali oggi ci porta tra i canali della Venezia del ‘600, tra assassini, intrighi e personaggi non banali.

Dopo esservi goduti l’intervista, potete scoprire di più su di lui sul suo sito personale o su quello de Il Signore di Notte.

Chi è Gustavo?

Posso rispondere con una biografia in chiave scherzosa: sono nato a Milano il 4 agosto. Non dico l’anno perché al riguardo sono un tantino ritrosetto … Da oltre trent’anni vivo nella bergamasca ed ho due figli, Federico e Claudio.

Istruzione: liceo scientifico e scienze politiche. Nessuna lode particolare, anzi: “È un ragazzo intelligente, ma non si applica abbastanza!” l’invariabile, ancorché poco appagante, giudizio degli insegnanti. Cosicché anni dopo la tesi di laurea è finita in soffitta, complice l’attività di famiglia dalla quale sono stato risucchiato. Ho anche fondato e diretto per una dozzina d’anni una rivista di settore.

Passioni: il volo in parapendio ultima in ordine di tempo, cosa che mi ha portato a ricoprire il ruolo di ufficio stampa nella FIVL (Associazione Nazionale Italiana Volo Libero – parapendio e deltaplano).

Ovvio che non è stata la passione per il volo a spingermi a scrivere Il Signore di Notte. Lo è stata, invece, quella per la storia, da sempre, e l’improvviso amore per la Serenissima come città.

Congiunto a questi, il vizio di non saper trattenere i ditini dalla tastiera. Prima la Olivetti “lettera 32”, poi il PC fin dagli anni ’70, quando costavano un botto. Ecco perché Il Signore di Notte è un giallo con notizie storiche sulla Venezia dei dogi!

Raccontaci brevemente il tuo romanzo: Il Signore di Notte.

Il titolo “Il Signore di Notte” richiama espressamente una delle tante magistrature dell’antica Repubblica di Venezia, sei giudici e insieme capi di polizia, tutori dell’ordine pubblico in città. La trama è quella di un giallo di pura fantasia, ma i principali personaggi sono vissuti realmente nel 1605. Il racconto si dipana dal rinvenimento del cadavere di un nobile caduto in miseria e del quale si occuperà Francesco Barbarigo, uno dei Signori di Notte, ma sarà solo il primo dei delitti.

Il romanzo si arricchisce di riferimenti a curiosità sugli usi e costumi del tempo, tradizioni, aneddoti, fatti e fatterelli. Essi permettono al lettore di addentrarsi maggiormente nella trama e di comprendere meglio la psicologia dei personaggi, in particolare quella del protagonista, un  investigatore costruito in modo molto lontano da quelli ai quali letteratura e TV ci hanno abituato, quelli che capiscono tutto, sanno tutto e risolvono tutto.

Invece il Barbarigo è arrogantello, pasticcione, confusionario e affronta le indagini con una superficialità pari solo alla sua spocchia. È anche un uomo complicato, contorto, che vorrebbe passare come chi sa il fatto suo, spargere sicurezza, tenere in pugno la situazione. Invece cambia idea e umore da un momento all’altro, insegue ipotesi stravaganti, indaga a casaccio, perennemente preoccupato di salvaguardare l’onore del casato e insieme la propria faccia. Il linguaggio è spiccio, crudo, spesso beffardo e dissacratorio, mette in ridicolo difetti e difettucci del protagonista e insieme quelli della società del tempo.

Per lo più Francesco incappa in una relazione strampalata con una dama tanto bella quanto indecifrabile. Vorrebbe fosse un rapporto disinvolto e tutto letto, giusto per il proprio comodo, ma lo assale la paura dell’innamoramento, situazione che ha già vissuto e con indimenticato dolore. Il timore di perdere la dama da una parte e quello di ripetere la brutta esperienza dall’altro gli procurano nuove angosce oltre a quelle che già lo divorano a causa degli impicci delle indagini nelle quali si è infilato. Per non rivivere le pene dell’amore ha scelto di rinunciare anche alle gioie, ma l’attrazione è troppo forte e vive in fil di lama tra il mantenere il proposito o cogliere le seconde pur rischiando nuovi dolori.

Nel frattempo intorno a lui si apre un ventaglio di personaggi che colorano il romanzo e lo contestualizzano in quella società veneziana che si era appena lasciata alle spalle un secolo di splendore per infilarsi in un lento declino. Appaiono figure di aristocratici ricconi e di chi vivacchia malamente, di mercanti, usurai, bari, cortigiane, guardie, spioni e anche delle classi emarginate come gli ebrei e le prostitute. Irrompono pure personaggi sgradevoli, come i “bravi”, perché il tempo del declino è anche il loro, accomunati agli sgherri da una violenza sordida e sopraffattrice.

Uno di questi sarebbe il colpevole ideale perché ha avuto rapporti con la vittima. Il Barbarigo gli dà una caccia sfrenata, salvo poi, a bandito oramai ucciso, scoprire che la notte del delitto si trovava da tutt’altra parte.

Descrivi il libro con tre aggettivi.

Intrigante, avvincente, dissacratorio

Raccontaci un personaggio secondario del romanzo

Grazie al cielo il Barbarigo può contare sull’aiuto di un capitano delle guardie, Domenico Stella, astuto e ricco di quella esperienza che a lui manca. Insieme riusciranno a risolvere il caso producendo un finale sorprendente e inatteso, ma dovranno penare un pezzo.

Lo Stella svolge quasi un ruolo di co-protagonsta. Oltre al bagaglio di qualità del buon poliziotto, si caratterizza anche come prodigo di consigli nei confronti del Barbarigo, gli insegna ad affrontare la vita oltre che le indagini, ne mitiga le intemperanze, lo sprona a ragionare, ad attendere il momento propizio invece che buttarsi allo sbaraglio. Il tutto con toni ben attenti a non ferirne l’orgoglio e tenendo sempre presente la distanza tra i rispettivi ceti, lui semplice cittadino e l’altro ricco patrizio. In pratica nella Serenissima la classe patrizia deteneva il potere in modo esteso, mentre i funzionari, dai cancellieri ai segretari, dalle guardie ai loro ufficiali, erano scelti in quella cittadinesca. Quindi ai primi spettava il comando, ai secondi l’esecuzione.

Una scena del libro che ti piace particolarmente?

Senza modestia dirò che ce ne sono tante, ma in particolare sono rimasto legato alla scena finale, quando, oramai scoperte le carte, il Barbarigo rimane da solo nel palazzo dove il giallo ha trovato l’epilogo. Non è per lui un momento del tutto felice, sebbene sia riuscito a concludere le indagini in modo positivo. Tuttavia supera l’impasse e si scopre come uomo nuovo, rinato, un uomo che non si volta più indietro verso il passato e i suoi dolori, ma affronta a testa alta il presente e guarda con grande fiducia il futuro. Le lezioni dello Stella sono state efficaci.

Sale sul tetto del palazzo e, ritto in equilibrio precario, allarga le braccia come per accogliere tutta la sua Venezia in un grande, immenso abbraccio. Certo che la descrizione della scena è molto più coinvolgente di questo mio breve sunto.

Cosa non sappiamo sulla Venezia del XVII secolo?

Posso raccontare un episodio accaduto mentre cercavo documentazione alla Biblioteca Marciana di Venezia. Mi ero rivolto al direttore di sala in cerca di aiuto, spiegandogli che intendevo affrontare un racconto agli inizi del XVII secolo. Il suo suggerimento: “Cambi secolo!”

Infatti la documentazione su quel periodo è scarsa. Più abbondante quella sui decenni successivi e sul ‘700. Vasta quella sul Rinascimento, grazie a diaristi come il Priuli e Marin Sanudo. Quindi immagino che di cose da scoprire ce ne siano parecchie e anche nel periodo tra la fine del Rinascimento e l’inizio del Barocco. Tuttavia va considerato che i veneziani nel corso della loro storia, per varie ragioni che per brevità ometto, hanno sempre scritto moltissimo e molto è rimasto negli archivi nonostante le dispersioni di materiale, le predazioni, incendi, incuria e chissà cos’altro.

Da dove deriva questo tuo interesse per la Serenissima?

Ho sempre amato la storia in generale. Ricordo che da ragazzino preferivo i sussidiari ai fumetti e leggevo la storia come fosse un romanzo d’avventura. Il vizio è rimasto in giovinezza e poi oltre, fino a oggi, ma quando e come sia sorto l’interesse per quella dell’antica Serenissima in particolare non ricordo.

Fatto sta che, dopo aver visto alcuni documentari in TV, ho cominciato a leggere autori come Alvise Zorzi e altri che si sono occupati della sua lunga storia, accertati undici  secoli tondi tondi (797-1797), forse tredici secondo altri. Quest’anno abbiamo festeggiato il 1600° anno dalla fondazione di Venezia che sarebbe avvenuta nel marzo del 421 d.C., quando ancora esisteva l’Impero Romano d’Occidente.

Quali sono le difficoltà nello scrivere un romanzo giallo storico?

Come l’enorme bibliografia inserita in calce a Il Signore di Notte sta a testimoniare, la sfida mi è costata infinite ricerche di documentazione per contestualizzare il racconto nel suo periodo.

Per lo più ho necessariamente dovuto inquadrare i principali personaggi, visto che sono realmente vissuti, nel posto e nel ruolo giusto, cioè dove erano e cosa facevano all’epoca del racconto. Quindi infinite scarpinate per Venezia per rintracciare i luoghi della loro esistenza e fotografarli per poi poterli descrivere. Infine incastrare tutti quanti in una storia di pura invenzione, ma rispettando le loro biografie, oltre che a tempi e ruoli ricoperti nella loro vita reale.

Puoi dare qualche consiglio a chi vorrebbe cimentarsi in questo genere letterario?

Documentarsi, verificare fonti e informazioni è l’ineluttabile prezzo da pagare se si vuole la stesura di un’opera contestualmente corretta. Assolutamente rifuggire da teorie fantasiose e derive critiche dal punto di vista storiografico, peggio ideologico, che potrebbero minare la credibilità dell’intero lavoro.

Sebbene nel romanzo storico trama e personaggi possono essere creati liberamente dallo scrittore, anche in mescolanza con fatti e persone realmente esistiti, secondo me meglio non calcare la mano con i primi e documentarsi bene sui secondi, anche quelli marginali o sconosciuti alla grande storia. Per esempio: del protagonista del mio libro, Francesco Barbarigo, ho trovato presso l’Archivio di Stato di Venezia poche pagine di verbale da lui firmato come Signore di Notte nell’agosto del 1605. Una sola fonte, quindi, ma sufficiente ad accertare che come magistrato era in carica nel 1605. Su di lui non ho trovato altro. Ho quindi potuto inserirlo facilmente nella mia storia con un profilo di pura invenzione.

Qual è l’ultimo romanzo storico che ti è piaciuto particolarmente e perché?

Sono un lettore a senso unico: storia e ancora storia. Quindi non ho una particolare predisposizione per romanzi storici pur avendo letto alcuni di quelli classici e universalmente apprezzati.

C’è un altro periodo storico in cui ti piacerebbe ambientare un romanzo?

Penso al Rinascimento e a Venezia. Ho in mente un libro ambientato durante la guerra contro la Lega di Cambrai (1508-1516), un momentaccio per Venezia che rischiò di scomparire sotto i colpi delle principali potenze europee e degli stati italiani tutti alleati contro la Serenissima.

Quali progetti letterari hai per il futuro?

Oltre a quanto detto nella risposta alla domanda precedente, un altro libro, sempre genere giallo, sul quale sto lavorando sarebbe ambientato nei primi mesi del secondo dopoguerra, vale a dire nell’estate del 1945. Ho già scritto un paio di capitoli, ma la storia è ancora in gran parte da costruire. Mi sto documentando.

1 commento su ““Il Signore di Notte” di Gustavo Vitali”

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