Intervista a Elide Ceragioli

E’ tempo di tornare con le nostre interviste al Medioevo, periodo che da sempre affascina scrittori famosi e non.

Oggi siamo con Elide Ceragioli, scrittrice molto prolifica che ha approfondito più volte la vita di alcuni personaggi medievali.

Biografia

Elide Ceragioli, nata a Massa nell’ottobre 1954, vive dalla metà degli anni ‘80 in una frazione del comune di Campi Bisenzio alle porte di Firenze.

Felicemente sposata dal 1982, ha due figli: Andrea (1987) e Chiara (1989). È medico ed esercita con passione la professione di neuropsichiatra-infantile in ambito ospedaliero.

Occupa il tempo libero in attività di volontariato insieme al marito con cui ha condiviso anche la responsabilità del “Centro Diocesano di Pastorale Familiare” dell’Arcidiocesi di Firenze.

Fin da ragazza coltiva la passione per la lettura e si diletta a scrivere racconti, partecipando a numerosi concorsi con buoni piazzamenti ed una dozzina di pubblicazioni.

Mettendo a frutto la ricchissima esperienza di lettrice, ma anche di donna, sposa, mamma, medico e cristiana, sa cimentarsi con generi diversi (dal racconto al romanzo storico, dal romanzo giallo al saggio) sempre con ricchezza e proprietà di linguaggio, che si adegua in modo naturale all’epoca, al contesto ed ai personaggi, in un continuo trasmettere emozioni, sensazioni ed esperienze di vita.

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Ma lasciamo ora la parola a Elide:

Chi è Elide? 

Innanzi tutto sono donna, moglie e mamma. Sono anche medico ed esercito la professione di neuropsichiatra infantile da più di trent’anni. Mi piace viaggiare e quando posso mi dedico ad iniziative di volontariato, sempre in condivisione con mio marito.

Leggere è una mia grande passione da sempre (ho iniziato a 4 anni e non ho mai smesso), scrivere è diventata un’esigenza, un impulso naturale.

Ho scritto il mio primo libro a diciott’anni (poi pubblicato nel 1978), poi studi, matrimonio, maternità, lavoro hanno per un certo periodo tenuto a freno l’ispirazione. Negli anni ’90 ho ripreso la penna in mano per scrivere favole per i miei figli, poi mi venuto naturale scrivere racconti un po’ più impegnativi e nel 2011 sono arrivata alla pubblicazione del primo romanzo. Ora i libri pubblicati sono 19: romanzi storici e gialli-polizieschi, raccolte di racconti e una favola illustrata. Per ora…

Da dove nasce l’amore per il Medioevo?

Difficile rispondere. Ho letto migliaia di libri di tutti i generi (o quasi) e quello che mi ha sempre affascinato di più è “l’uomo”, in tutta la sua complessità, bellezza e contraddizione.

Lo studio della storia l’ho sempre percepito come racconto di chi era l’uomo in una certa epoca e in un certo luogo. Come succede per tante cose, quando si incontra qualcuno “che piace” ci si innamora… senza un motivo apparente, evidente.

Così è successo a me: ho incontrato personaggi (persone) vissute in quei secoli e me ne sono “innamorata”: di lì la voglia di conoscerli meglio, di saperne di più e poi di farli conoscere è stato un fatto naturale.

Ildegarda, Ruggero, San Galgano: cos’hanno in comune?

Poco, a parte il fatto di essere “personaggi” medievali e il fatto che ho voluto dedicare a ciascuno di loro un mio libro: Il falco e il falcone per Ruggero da Flor, San Galgano per Galgano Guidotti e Ildegarda e il mistero dell’arciere per Hildegard von Bingen.

Ildegarda e Galgano erano più o meno contemporanei, ma lei donna-monaca tedesca, lui cavaliere poi eremita italiano: non penso si siano mai conosciuti, ma entrambi santi, anche se con strade e percorsi di vita completamente diversi.

Galgano e Ruggero vivono a più di un secolo di distanza; uno cavaliere, l’altro marinaio templare e poi capitano di ventura e pirata; uno santo, l’altro … non proprio. Entrambi uomini con una vita intensa, travagliata ed estremamente affascinante.

Forse la cosa che più li accomuna e che più mi ha affascinato è l’eccezionale carica di umanità che ha caratterizzato la vita di ognuno di loro: profondamente radicati nel loro tempo e nella loro storia, ma al contempo “universali”.

Quale dei tre protagonisti delle tue opere ti assomiglia di più e perché?

Sicuramente Ildegarda in quanto donna e medico ha delle notevoli assonanze con me. Più difficile raffrontarmi con Galgano Guidotti e Ruggero da Flor, che per la maggior parte della vita furono uomini d’arme.

Tutti e tre i personaggi però hanno qualcosa che li fa vibrare in sintonia con me: l’amore per la vita, per la “novità”; il gusto di scoprire cose nuove, di non fermarsi e non accontentarsi; l’anelito a qualcosa di più, di più alto, di più vero, di più stimolante, di più “interessante” … la ricerca della “Verità”.

Galgano: cosa non sappiamo della spada nella roccia?

Di San Galgano e della sua spada nella roccia, che ho visto più volte, si è detto e scritto tantissimo e si son fatte tante e serie ricerche storico-scientifiche. Gli studi degli ultimi decenni (a cui rimando) ci confermano che la spada conservata nella chiesina rotonda di Monte Sieci è del XII secolo, quindi “autentica”. Perché non credere che sia veramente quella che il cavaliere Galgano Guidotti piantò in terra (nella roccia), trasformandola di fatto in croce, al momento della svolta definitiva della sua vita travagliata, quando decise di abbandonare la vita delle armi per dedicarsi alla contemplazione dell’«Infinito»?

Le assonanze con la spada di Artù sono tante, ma Artù è leggenda e Galgano è storia… e la ricerca storica non si ferma. Forse domani ci darà altre interessanti conferme o altrettanto affascinanti novità: lascio l’onere ai competenti.

Io mi sono limitata a descrivere e cercare di far rivivere l’uomo Galgano nel suo ambiente naturale, con le sue doti e i suoi difetti, le sue paure e il suo coraggio, le sue certezze e i suoi dubbi; in una parola con la sua umanità.

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San Galgano
  • Ceragioli, Elide (Autore)

Ildegarda: quale dei suoi talenti ti ha affascinato di più?

I talenti di Ildegarda sono veramente tantissimi e tutti affascinanti e intriganti. Oltre che una donna e una monaca è stata scrittrice, drammaturga, poetessa, musicista e compositrice, filosofa, linguista, cosmologa, guaritrice, naturalista, consigliera politica e profetessa.

Soprattutto da quando nel 2012 papa Benedetto XVI l’ha proclamata santa e dottore della Chiesa (titolo che in 2000 anni è stato conferito solo a quattro donne) un po’ tutte le caratteristiche di Ildegarda sono state indagate, studiate, messe in evidenza in una valanga di scritti e di studi.

Io l’avevo “incontrata” casualmente nel 2002 e ne ero rimasta affascinata. Volevo scrivere qualcosa su di lei, ma prima ho letto tanto per conoscerla al meglio. Quando mi sono decisa a farla protagonista di un mio scritto mi son trovata a correre il rischio di riproporre cose ormai note, ma volevo dire qualcosa di non risaputo.

Ho rilevato che poco o nulla era stato detto su una sua grande dote: la capacità deduttiva, l’attitudine a “guardare dentro” alle cose e agli avvenimenti, ad esaminare i fatti e confrontarli logicamente oltre che intuitivamente. Allora ho scritto un romanzo incentrato su uno dei momenti più intensi e difficili della sua vita: quando dopo tante difficoltà e sofferenze le viene concesso, per opera di Bernardo di Chiaravalle, di poter “parlare”.

Ildegarda si trova a dover fare i conti con un paio di fatti di sangue apparentemente inspiegabili, ma che troveranno una soluzione razionale proprio grazie a questa sua dote, il discernimento logico-deduttivo, applicata a tutti i campi di interesse che aveva.

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Ildegarda e il mistero dell'arciere
  • Ceragioli, Elide (Autore)

Quali sono le difficoltà di ambientare un giallo nel Medioevo?

Quando si scrive un romanzo si “vive” con i protagonisti nel loro ambiente. Se l’ambientazione è attuale e in luoghi conosciuti è facile attingere all’esperienza quotidiana diretta. Più ci si allontana geograficamente e cronologicamente più le difficoltà aumentano.

Il Medioevo è un periodo “teorico” di circa mille anni. Quando si decide di ambientare un romanzo di qualsiasi genere (storico, giallo, thriller, romantico, ecc.) in un certo momento storico e in un certo contesto socio-geografico bisogna studiare, ricercare, approfondire per conoscere al meglio come si viveva in quel momento in quel luogo.

La difficoltà sta proprio nel non dar niente per scontato, ma verificare e documentarsi su tutto: dal modo di vestire e mangiare a quello di combattere o pregare, dal clima alle condizioni economico-sociali, dall’uso degli utensili e delle armi alle modalità e condizioni di viaggio.

Per essere seri e credibili tutto quello che si scrive deve essere o documentato storicamente o perlomeno plausibile con il contesto. A volte per scrivere una frase ho dovuto leggere libri interi per scoprire se quello che stavo scrivendo era “storicamente vero”.

Se poi si tratta di un giallo le difficoltà aumentano, perché bisogna prescindere da tutto quello che sappiamo dei metodi investigativi moderni e calarsi nella mentalità, nelle abitudini, nelle conoscenze e credenze dell’epoca.

Ruggero: la sua avventura più incredibile?

Ruggero da Flor è stato un personaggio eccezionale e tutta la sua vita è stata un’avventura, sempre. Per questo mi è piaciuto narrarla: perché è una storia vera, ma con tutte le caratteristiche di un’avventura fantastica.

Sono molte le sue imprese degne di attenzione. Alcune sono storicamente documentate come il suo contributo nel portare in salvo le matrone che vivevano a San Giovanni d’Acri prima che la città cadesse in mano ai Saraceni, o la sua collaborazione con Carlo d’Angiò. 

Altre sono ipotesi plausibili, come il trasporto dalla Palestina all’Italia della Santa Casa di Nazareth (smontata) che poi verrà rimontata a Loreto; o la sua presenza determinante al momento dell’istituzione della “Perdonanza” da parte di Celestino V a Collemaggio.

Forse l’impresa che più ha dell’incredibile è il suo contributo alla salvezza di Messina. Quando, alla fine dell’estate 1301, Roberto d’Angiò attaccò Messina dal mare e da terra, fu soprattutto merito di Ruggero se la città, ridotta alla fame, non cadde nelle mani del nemico. Nell’autunno infatti Ruggero riuscì a caricare di grano dodici galee a Sciacca e quindi a forzare il blocco posto dalla flotta angioina davanti a Messina. E lo fece attraversando in brevissimo tempo (lui uomo di mare) tutta la Sicilia a cavallo, per poi tornare a capo delle navi e uscirne vittorioso.

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Il falco e il falcone
  • Ceragioli, Elide (Autore)

C’è una curiosità sul Medioevo che non sappiamo ma che dovremmo conoscere?

Difficilissimo se non impossibile rispondere. Come ho già detto dire “Medioevo” significa parlare di mille anni di storia in un’area che comprende tutto il mondo allora conosciuto (o quasi).

È affascinante sapere, conoscere, oltre ai grandi eventi noti, il “quotidiano”. Una cosa è certa: parlare di “oscuro” Medioevo è un luogo comune sbagliato e ormai sfatato da tutti gli storici. È stato un periodo molto “luminoso”, che va conosciuto, apprezzato, valorizzato, perché gli dobbiamo moltissimo. La cosa migliore è leggere e studiare, affidandosi a studiosi seri, preparati, validi culturalmente e professionalmente… e ce ne sono tanti!

C’è un altro periodo storico in cui ti piacerebbe ambientare un romanzo?

In effetti la risposta è già nei fatti, perché ho scritto due romanzi ambientati agli antipodi rispetto al Medioevo: secolo XX e preistoria.

Uno, il primo, intitolato La libertà delle foglie morte ha come scenario Berlino nel 1935-36, nel momento in cui iniziava l’applicazione delle “leggi razziali”. Ho voluto raccontare quel momento dal punto di vista di un gruppetto di studenti liceali berlinesi, che vivevano gli accadimenti prendendone coscienza a poco a poco, ma senza una visione chiara.

Il primo novecento (soprattutto il periodo a cavallo delle due guerre mondiali) mi è sempre stato a cuore e anche diversi miei racconti sono ambientati lì.

Un altro romanzo (che ho pubblicato arricchito da bellissime illustrazioni di Elena De Giorgi, un’amica disegnatrice eccezionale) si intitola L’uomo che parlava alle pietre ed è la storia del viaggio, in zona alpina, di una coppia (che diventerà famiglia con la nascita di due figli, e poi gruppo, con l’incontro di altre tribù) all’età della pietra. La storia mi è stata ispirata dall’incontro, a Bolzano, con Ötzi, la mummia trovata sul ghiacciaio del Similaun.

Qual è l’ultimo romanzo storico che ti è piaciuto particolarmente e perché?

Ho letto molti romanzi storici, ma ne ricordo un paio con molto piacere. La cattedrale del mare di Ildefonso Falcones e Il nome della rosa di Umberto Eco.

Entrambi hanno il grande pregio di una scrittura chiara, pulita, fruibile da tutti e scorrevole senza inciampi o rallentamenti. Probabilmente contengono errori, come lo stesso Umberto Eco ha riconosciuto, ma gli errori, scrivendo di un’epoca così ricca e complessa sono a mio parere, inevitabili.

Raccontaci un po’ del tuo rapporto con il romanzo storico, sia come lettrice che come autore.

Sono una lettrice onnivora e smodata, nel senso che leggo tantissimo e di tutto, o quasi. In effetti nel tempo i miei gusti si sono affinati e sono diventata molto più selettiva. Alcuni generi sono da tanto (forse da sempre) quelli che preferisco: lo storico e il giallo.

Non so se c’è una spiegazione razionale; probabilmente no. È come quando ci si innamora e quando si ammira un’opera d’arte o un paesaggio si “sente dentro” che piace o no.

Un discorso a parte vale per la saggistica e i libri di storia: quelli servono per approfondire, conoscere, essere informati e documentati.

È stato naturale trasfondere i gusti di lettrice in quelli di scrittrice. Se la storia è uno dei miei generi preferiti non poteva non essere oggetto dei miei scritti, non tanto per raccontare fatti, ma per conoscere e far conoscere persone. La mia professione di neuropsichiatra sicuramente gioca un ruolo di primo piano e mi aiuta a scavare nell’intimo dei personaggi che “incontro” e poi racconto.
In Ildegarda e il mistero dell’arciere, ho voluto unire i miei due “amori”, letterariamente parlando, così ho tinto di giallo un periodo della vita di Ildegarda, che è diventata inconsapevolmente un’investigatrice ante litteram, ma senza perdere mai la sua concreta storicità.

Puoi dare qualche consiglio a chi vorrebbe cimentarsi nel romanzo storico?

Per cimentarsi in un genere letterario bisogna prima di tutto amarlo. Se poi ci si approccia al romanzo storico serve anche molta voglia di studiare, approfondire, documentarsi, perché la storia non è fantasia, ma realtà vissuta.

Penso che, nell’ambito della narrativa, il romanzo storico vero sia il genere più faticoso, perché richiede molto lavoro nella verifica di quanto si narra. Se no si fa un opera fantasy o un libro di avventure.

Quali progetti letterari hai per il futuro?

Ho già detto che scrivere romanzi storici è molto impegnativo (seppure anche gratificante e stimolante), quindi dopo l’ultimo storico con protagonista Ildegarda di Bingen mi sono rilassata scrivendo tre gialli polizieschi di ambientazione attuale (uno a Roma, ma con un respiro internazionale, uno alla periferia di Firenze nella frazione in cui vivo e l’ultimo a Charleston negli USA).

Ora però sono tornata allo storico. Con Ruggero eravamo a fine 1200, con Galgano e San Francesco (ho anche un racconto illustrato con lui protagonista) nella seconda metà del 1100 e con Ildegarda nella prima metà dello stesso secolo. Ora ho voluto fare ancora un salto indietro e mi sto cimentando con la vita di Rainulfo Drengot, nobile normanno vissuto a cavallo dell’anno 1000. Non so quando finirò, ma il millenario della fondazione Aversa, opera sua, è alle porte.

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