Con questa intervista torniamo in Italia, specificamente nella Salerno medievale, riaffrontando il tema delle donne e gli studi di medicina.
Godetevi le parole e i consigli di Lisa Laffi:
Chi è Lisa?
Una persona insicura e timida, che però a 18 anni ha capito che si poteva, di tanto in tanto, uscire dal guscio e mettersi alla prova.
Ho studiato per diventare archeologa, ho fatto tre scavi e durante gli studi universitari ho preso parte a diversi laboratori e condotto visite guidate alla Rocca Sforzesca, dove mi sono appassionata alla vita di Caterina Sforza e al Rinascimento. Poi ho lavorato come giornalista in un giornale locale, fino a diventarne caporedattrice. Parallelamente facevo supplenze, fino a quando mi sono resa conto che era proprio la scuola il mio grande amore. Infine, un po’ per gioco e un po’ per sfida, nel 2015 ho scritto il mio primo romanzo su Bianca Riario, figlia della grande Caterina Sforza e da lì è iniziata l’avventura nel mondo dell’editoria che sto ancora vivendo e che mi ha portato alla Tre60 e alla TEA.
Ci dai qualche dettaglio in più sulla trama di L’erborista di corte?
Napoli, 1414. Figlia di Salvatore Calenda, priore della famosa Scuola di medicina di Salerno, Costanza fu la prima donna laureata in medicina nel mondo, impegnata a combattere per esercitare l’arte medica e per potersi affermare in un mondo che la vuole solo moglie e madre. Alla corte della regina Giovanna II, Costanza è libera di esercitare la professione restando sempre accanto alla sovrana di cui diventa amica e confidente. Costretta in un matrimonio infelice, la regina è vittima d’intrighi e circondata di nemici che danno luogo a una vera e propria guerra di diffamazione chiamandola pubblicamente “Giovanna l’insaziabile” e “Giovanna la dissoluta”. Forte del sostegno dell’uomo che ama, Costanza farà tutto ciò che è in suo potere per difendere la sovrana, colpevole solo di essere donna e di desiderare l’amore.
Descrivi il libro con tre aggettivi.
Scorrevole, emozionante e coinvolgente.
Una scena del libro che ti piace particolarmente?
Il capitolo in cui Costanza sfida un’epidemia scoppiata a Napoli, aiutando una famiglia che è stata infettata dal morbo, consapevole di essere stata chiamata per ultima, dopo che tutti i medici più quotati (perché uomini) hanno rifiutato.
In questa scena, che per molti versi ricorda il periodo storico che stiamo vivendo, si nota il coraggio di una donna che non scappa, ma affronta con intelligenza una prova durissima, perché essere medico vuol dire tentare di strappare dalla morte coloro che chiedono aiuto, anche se le loro condizioni sono critiche e anche se in passato i pazienti non sono stati particolarmente gentili. Mi è piaciuto sottolineare lo scetticismo che inizialmente aleggiava attorno a Costanza in quanto donna e la grande soddisfazione che ottiene alla fine.
Presentaci Costanza
Costanza era figlia di Salvatore Calenda, priore della famosa Scuola di medicina di Salerno.
Varie fonti, per esempio Antonio Mazza e Niccolò Toppi, nel Seicento, dicono che Costanza sarebbe stata insignita della laurea dottorale; purtroppo però i documenti sono andati distrutti nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
In un’altra fonte scritta del 1423 veniva invece testimoniato il fatto che Giovanna II, la regina di Napoli a cui Costanza fu sempre molto vicina, autorizzava il matrimonio della ragazza con Baldassarre Santomango, ma aggiunge il particolare che sarà lui a fornirle la dote. E questo mi ha fatto pensare due cose: primo, che il Priore Salvatore Calenda, nonostante gli onori, economicamente non se la passasse tanto bene; secondo, che Baldassarre Santomango, al contrario, era in una posizione ben più solida, pur essendo formalmente di pari rango e patrizio salernitano come lui. Subito dopo ho pensato: perché uno come Baldassarre Santomango, il quale avrebbe potuto aspirare a ben altra mano (una Zurlo o addirittura una Caracciolo del Sole), si accontenta di una Costanza Calenda qualsiasi, trovandosi perfino nella scomoda posizione di provvedere alla dote?
Non sarà che magari qui c’è una storia d’amore di mezzo?
E così ho inserito anche quell’ingrediente sentimentale che alcuni lettori potrebbero apprezzare.
Cosa ti ha spinto a raccontare la storia di Costanza?
Da quando ho iniziato a scrivere romanzi storici mi sono detta che avrei fatto conoscere la storia di grandi donne del passato che sono state ingiustamente dimenticate o trascurate dalla storiografia tradizionale.
Costanza, che potrebbe essere stata la prima donna laureata in Italia, è una di queste.
Peccato siano andati perduti un paio di documenti, non ultimo il suo trattato sugli occhi, perché avremmo capito quale fosse all’epoca il livello di conoscenza medica su questo argomento.
Cosa non sappiamo dell’accesso agli studi per le donne nella storia?
La storia della Scuola Medica di Salerno è molto affascinante e rappresentò un’incredibile esperienza per apertura, al punto di avere non solo allieve donne ma addirittura insegnanti donne, che quindi non erano più relegate al ruolo di semplici levatrici, ma potevano accedere agli alti gradi della gerarchia universitaria, oltre che a poter esercitare l’arte medica.
Il primo a ricordarle è uno storico salernitano, Antonio Mazza, priore della Scuola di medicina nel XVII secolo, che nel saggio “Historiarum epitome de rebus salernitanis” scrive “Abbiamo molte donne erudite, che in molti campi superarono o eguagliarono per ingegno e dottrina non pochi uomini e, come gli uomini, furono ragguardevoli nell’ambito della medicina”.
Tra le mulieres salernitanae più famose ci sono Trotula, Abella, Mercuriade, Rebecca Guarna, mentre Costanza Calenda è l’ultima gemma di un firmamento che a metà del XV secolo si oscurò.
Da allora ci vollero molti secoli perché le donne potessero riprendere il posto che spettava loro nelle scuole superiori e nelle Università.
Leggi l’intervista a Federica Garofalo, altra autrice che ha affrontato il tema delle donne e la medicina nella Salerno medievale.
Raccontaci un po’ del tuo rapporto con il romanzo storico, sia come lettrice che come autrice
Io adoro il romanzo storico, perché mi sembra di avere una macchina del tempo con la quale vivere emozioni non solo in luoghi, ma anche in tempi che oggi non esistono più.
Da autrice mi piace la sfida che c’è dietro a un romanzo storico: la storia mette dei paletti allo scrittore, che sono gli elementi contenuti nelle fonti, poi è l’autore che deve completare l’arazzo, ricamando attorno ai punti fermi della storia, studiando la psicologia del personaggio, per non tradirlo.
Mi piace anche l’idea di dare voce a degli uomini o delle donne che avrebbero ancora tanto da dirci, perché spesso tendiamo a commettere sempre gli stessi errori e se ascoltassimo i sussurri o le grida di quanti sono venuti prima di noi, forse ne faremmo un paio in meno.
Quali sono le difficoltà nello scrivere un romanzo storico?
Non bisogna prendere in giro il lettore, distorcendo la storia a piacimento e bisogna rispettare gli uomini e le donne che sono protagoniste dei romanzi, perché loro hanno avuto una vita le cui tracce sono ancora evidenti nelle fonti.
Il reperimento, la lettura e l’analisi delle fonti porta via tanto tempo quanto la stesura del romanzo stesso.
Puoi dare qualche consiglio a chi vorrebbe cimentarsi in questo genere letterario?
Tuffarsi nella ricerca con mente aperta ed entusiasmo. Che siano archivi polverosi o maestosi castelli, documenti conservati in biblioteche o libri che si trovano su Academia.edu tutto è utile per la prima fase.
Poi inizia la seconda, che è quella della scrittura, nella quale un consiglio che mi sento di dare è di cercare quanto più possibile di “rimanere sempre dentro la storia”, cioè di scrivere un pochino tutti i giorni. Io spesso non riesco, ma i periodi più produttivi sono quelli in cui scrivo un giorno dopo l’altro.
Infine, bisogna affidarsi a un bravo editor e riconoscere i propri errori, perchè solo così il romanzo raggiungerà la sua forma migliore.
Qual è l’ultimo romanzo storico che ti è piaciuto particolarmente e perché?
Le mie scrittrici preferite di romanzi storici sono Philippa Gregory, Rita Charbonnier e Marina Marazza e indicherei proprio il suo “Io sono la strega” come l’ultimo romanzo storico che mi è piaciuto moltissimo.
Sensuale, inquieta, spietata, tenera e decisa, Caterina da Broni è la protagonista di uno dei più famosi processi alle streghe che la storia abbia tramandato e nel romanzo di Marina Marazza prende vita come eroina modernissima.
C’è un altro periodo storico in cui ti piacerebbe ambientare un romanzo?
In questi giorni sto faticosamente iniziando un altro romanzo storico e ho cambiato totalmente periodo. E’ ambientato durante la Rivoluzione Francese, un momento storico affascinante e complicato, un po’ come il mio amato Rinascimento.
Quali progetti letterari hai per il futuro?
Progetti futuri ce ne sono tanti: la Tre60 ha già acquistato un mio romanzo differente dagli altri tre già usciti.
Si tratta di un thriller in cui i quadri sono protagonisti. Il mio sogno sarebbe anche ripubblicare il mio primo romanzo (quello con protagoniste Caterina Sforza e Bianca Riario che si intitolava “Il serpente e la rosa”), ma mi piacerebbe anche dare alle stampe un’opera realizzata per i ragazzi composta da dieci racconti che hanno come filo conduttore lo sport.