Continuiamo la serie di interviste che ci raccontano il Medioevo, un periodo storico che ha affascina scrittori e lettori da sempre.
Ecco a voi Andrea Moneti (con qualche mio piccolo commento :)):
Biografia
Andrea Moneti, nato ad Arezzo nel Gennaio 1967. È laureato in Ingegneria a Bologna ed ha svolto la sua attività in vari contesti aziendali e produttivi in aziende medie e multinazionali. È felicemente sposato e ha due figli. Occupa il tempo libero in letture, trekking, viaggi e, ovviamente, a scrivere. Ha pubblicato tre romanzi: Eretica pravità, 1527 e Il Mercante di eresie, vincitori di numerosi premi e riconoscimenti letterari.
Cosa ci puoi raccontare di te?
Andrea è un curioso che si interessa un po’ di tutto: storia, arte, scienza, politica. Non ama molto le convenzioni e il conformismo, preferisce piuttosto seguire la sua strada. Quando può viaggia, fa trekking e sta a contatto con la natura, visita i borghi e luoghi d’arte e di storia. Ha un bellissimo ricordo delle esperienze fatte durante il cammino di Santiago e la via Francigena. Ama leggere e scrivere e, spesso, si ritrova a inventarsi e fantasticare trame e storie, con cui nutrire e soddisfare la propria immaginazione. Preferisce la montagna al mare e i suoi luoghi preferiti sono la Provenza, la Normandia e la Toscana.
Ci dai qualche dettaglio in più sul tuo ultimo romanzo, La crociata infame?
La storia si svolge, principalmente, in Linguadoca, agli inizi del XIII secolo, quando papa Innocenzo III scatena una crociata (la famosa crociata Albigese) che metterà a ferro e fuoco le terre occitane. Da decenni, infatti, nella regione si è diffusa l’eresia catara, la più agguerrita e misteriosa eresia che la Chiesa ha mai dovuto affrontare. L’eresia medievale per eccellenza. Personaggi principali sono Guilhem, trovatore e cavaliere, e Madeleine, damigella alla corte di Lavaur, con il dono di essere una guaritrice, che vedono crollare il loro mondo. Dal Nord, e da buona parte dell’Europa, scendono nobili, cavalieri, mercenari e ogni sorta di avventurieri. La guerra, inarrestabile, arriva anche a Lavaur, portando con sé la repressione. Si accendono i roghi. Solo Tolosa e Foix resistono. È una guerra che, tra alti e bassi, è durata vent’anni e che ha avuto come epilogo la nascita dell’inquisizione.
Tra eventi bellici, fughe rocambolesche, scene di vita di corte, si innesta anche un misterioso vangelo, che si pensava perduto, è trafugato da Montségur, la roccaforte dei catari, che scatena una caccia all’uomo che porterà i protagonisti in Italia. Una sorta di thriller.
Storia, avventura, mistero e suspense si fondono in un rigoroso e accurato contesto storico, che ha richiesto molti anni di ricerca. Intorno ai protagonisti si muove una schiera di variegate figure – nobili, cavalieri, dame, trovatori, eretici, giullari, veggenti – che accompagnano il lettore nel mondo delle corti occitane, per fargli rivivere le atmosfere, i paesaggi e la vita quotidiana del XIII secolo.
Anche se la guerra segna profondamente le vite dei personaggi e fa da sfondo al racconto, il romanzo vuole essere una storia di amore, intensa e coinvolgente, che, attraverso prove e perdite, sopravvive a tutto e a tutti. Anche alla morte.
Cosa ti ha spinto ad ambientare il libro in questo particolare periodo storico?
Molte sono le ragioni che mi hanno spinto a scegliere questo contesto storico. Prima di tutto la passione che nutro per il Medioevo e, in particolare, per le eresie medievali. È una parte di storia che non tutti conoscono e, a mio avviso, invece molto interessante. Ammiro sinceramente queste donne e uomini che hanno compiuto scelte difficili e radicali, prima di tutto intime e poi sociali (si pensi, ad esempio, a Gherardo Segalelli o a Francesco d’Assisi), per vivere come cristiani senza Chiesa, alla ricerca di un mondo migliore.
La seconda motivazione, anch’essa molto forte, è descrivere, tentare di far capire cosa era l’Occitania in quegli anni e la devastazione territoriale, culturale e sociale che la crociata ha comportato. Si sta parlando di una crociata indetta in terre cristiane (alla base del titolo, è questa la motivazione). Sono terre ricche, culturalmente avanzate, tra le più tolleranti nell’Europa di quegli anni. Sono, infatti, le terre dei trovatori e dell’amor cortese, del paratge (la lealtà e la nobiltà di cuore).
Da ultimo, la domanda che costantemente mi ha accompagnato per tutto il romanzo, è che Europa sarebbe stata e sarebbe oggi, se le cose fossero andate diversamente. Il tramonto della cultura occitana sarebbe stato altrettanto irreversibile? Il regno di Francia avrebbe conosciuto l’espansionismo e protagonismo dei secoli XIII-XIV? Ma soprattutto, sarebbe nata l’Inquisizione, i cui primi vagiti si ebbero nel concilio di Tolosa del 1229 in cui si arrivò, addirittura, a proibire ai laici di possedere in casa una copia della Bibbia? Personalmente sono propenso a credere che avremmo conosciuto un’Europa diversa, più aperta e tollerante. Chissà se sarebbero nati i tribunali della fede che giudicavano le anime, con le conseguenze che tutti conosciamo.
Una scena del libro che ti piace particolarmente?
Difficile scegliere. Sicuramente di impatto è la scena della carica della cavalleria francese contro quella aragonese e tolosana nella battaglia di Muret. Ma sono molto legato anche alla scena della fuga tra le montagne, così come a scene, a prima vista più semplici, che ritraggono il quotidiano, in una corte come in un villaggio di montagna. Ho cercato davvero di curare ogni aspetto della vita del XIII secolo.
Guilhem, Madeleine: raccontaceli in breve.
Guilhem è un trovatore. Appartiene alla piccola nobiltà terriera. Ama il suo mondo ed è disposto a lottare per esso. Fa di tutto per proteggere Madeleine e suo figlio. Alla fine farà una scelta drastica proprio per amore. Madeleine è il personaggio che amo di più. È una ragazza alla corte di Guiraude di Lavaur, una delle nobildonne più intelligenti e aperte della Linguadoca. È bella, dolce e intelligente ed ha la capacità di prendersi cura e guarire le persone. La guerra piomba a sconvolgere la sua vita, e quella degli altri intorno a lei, e certezze, ma riuscirà a trovare la sua strada e a trovare nuove consapevolezze. Direi che mi sono innamorato di lei.
Nel romanzo la guerra fa da sfondo alla storia dei personaggi, ma hai detto anche che è una storia di amore. Quanto è importante l’amore nel tuo romanzo?
Molto, tanto. L’amore è tutto. È ciò che ci muove e ci spinge a migliorarci, è ciò che ci spinge a sacrificarci. Indubbiamente nel romanzo ci sono scene di guerra dure, e deve essere così perché la guerra è questo e non c’è niente di nobile in essa. Le vite dei protagonisti si intrecciano in una rete di azioni e dolore. Ma allo stesso tempo il filo conduttore, pagina per pagina, è altro. Il romanzo vuole essere, infatti, un inno alla vita, alla forza della cultura, soprattutto all’amore, l’unico sentimento capace di sopravvivere alla morte.
Cosa non sappiamo della crociata Albigese?
Tante cose purtroppo. Erroneamente viene vista come un fatto regionale. In realtà, ha avuto conseguenze in tutta Europa. È stata una guerra dura che ha portato a scene e azioni come abbiamo visto, ad esempio, nella Jugoslavia, con stupri, omicidi di massa, soprusi di ogni genere.
Da dove nasce l’amore per il Medioevo?
Vivo ad Arezzo e nella mia città il Medioevo si respira in ogni angolo. È un periodo interessantissimo a cui dobbiamo molto. Si pensi, ad esempio, alle Università, alla cultura mercantile, ai viaggi, alla letteratura in volgare. Molti lo vedono come un periodo oscuro, in realtà era tutt’altro. Era un mondo pieno di colori: gli stemmi erano colorati, i vestiti sgargianti, e così via.
Quali sono le difficoltà nello scrivere un romanzo storico?
Senz’altro la coerenza e correttezza dei dati storici. Quello che mi ha preoccupato di più è stato muovere i numerosi personaggi facendo coincidere esattamente le loro azioni con i fatti storici reali, anche quelli minimali. Il lettore attento (e penso che la maggior parte di chi legge romanzi storici lo sia) non perdona l’errore, anzi va proprio alla ricerca di quello. Anche io faccio così.
L’altra difficoltà è l’ambientazione, o atmosfera, come si vuole chiamare. Penso che questa sia una delle chiavi di lettura più importanti di un appassionato di romanzi storici. Per questo cerco nelle mie pagine di riprodurre gli odori, i suoni, i colori che si potevano ritrovare in una casa, in un castello o in una piazza cittadina medievale. Molta attenzione bisogna anche porla nel modo di pensare o parlare, cercare di entrare nella testa di un uomo o una donna di quel periodo per fare ragionare e comportare i protagonisti di conseguenza.
Puoi dare qualche consiglio a chi vorrebbe cimentarsi in questo genere letterario?
Leggere, leggere e leggere. Documentarsi seriamente e avere una buona dose di immaginazione. In pratica, provare a rivivere con la mente una giornata qualunque del periodo storico che si vuole descrivere.
Qual è l’ultimo romanzo storico che ti è piaciuto particolarmente e perché?
Ce ne sono tanti. MI vengono in mente i romanzi di Bernard Cornwell, di Ken Follet, oppure Valeria Montaldi e Guido Cervo. Ma il mio preferito resta, comunque, Q del collettivo Wu Ming. Quando l’ho letto è stata una vera rivelazione, per la storia, per il ritmo, per la capacità di descrivere i personaggi e le ambientazioni.
(Ok, penso sia giunto il momento anche per me di rileggere Q)
- Luther Blissett (Autore)
Quali progetti letterari hai per il futuro?
Mi piace sperimentare e sto scrivendo due romanzi in contesti completamente diversi. Il primo è un Noir ambientato ai giorni nostri. Il secondo un romanzo ambientato a Parigi nel 1870, la città degli impressionisti e della Comune del 1871. (E che periodo complicato che hai scelto!)
Conclusioni
È stato un vero piacere essere vostro ospite. Davvero apprezzato e voglio mantenere vivo il rapporto. Mi unisco ai tanti complimenti che ricevete per il lavoro che state facendo per valorizzare il romanzo storico. Ad Majora.
Grazie a te Andrea!