Intervista a Anne Hamilton

Oggi intervistiamo l’autrice di Fuga da Parigi, Anne Hamilton. La scrittrice argentina ha pubblicato il suo primo romanzo con uno pseudonimo e oggi ci parla un po’ di più di lei, della sua opera e del suo rapporto con il romanzo storico.

Eccoti le domande:

Cosa ci puoi raccontare di te?

Sono una ragazza in età avanzata, da bambina ho vissuto molti anni a Buenos Aires di cui ho ricordi meravigliosi. 

Sono laureata in lingue e letterature straniere e la mia tesi è stata su Adolfo Bioy Casares, un dispetto del mio professore, dato che nei primi anni 70 era un autore quasi sconosciuto di cui è stato difficilissimo procurarsi le opere.

Vivo col mio cane Pilú che è diventato personaggio del romanzo.

Da dove viene lo pseudonimo Anne Hamilton?

… questo non posso dirlo, dovete leggere il libro.

Hortensia: cosa c’è di autobiografico in lei?

Non molto, magari avessi il suo carattere!

Forse l’amore  per la musica classica.

Alcuni personaggi del romanzo hanno i nomi veri di amici, Jean Louis è un amico carissimo, brasiliano e pianista conosciuto.

La casa in cui ho immaginato si svolga la prima e l’ultima parte del romanzo è una casa di amici in Quai d’Anjou a Parigi e in effetti Fuga da Parigi doveva chiamarsi Quai D’Anjou ma Elisabetta Sgarbi ha preferito cambiarlo perché per un lettore italiano sarebbe stato difficile ricordare il titolo.

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  • Hamilton, Anne (Autore)

La tua scena preferita di Fuga da Parigi?

L’ultima prima dell’epilogo, all’Opéra Garnier a Parigi.

Descrivici l’amore tra Hortensia e Jean Luis?

E’ un amore nato in un momento drammatico per il mondo quindi le emozioni e i sentimenti hanno un’intensità moltiplicata dalle difficoltà.

Erano tempi inimmaginabili per i giovani di adesso, non era facile telefonarsi, i viaggi erano lunghi e spesso difficili, le lettere potevano metterci mesi ad arrivare, i rapporti fra le persone meno superficiali e  anche meno facili.

Cosa non sappiamo della Seconda guerra mondiale che possiamo scoprire in Fuga da Parigi?

Tutto è stato detto in migliaia di libri e di film. Ho cercato di ricreare delle atmosfere e ho inserito episodi raccontati da persone che li avevano vissuti.

Voglio aggiungere che non avevo l’ambizione che Fuga da Parigi rientrasse nei romanzi storici ma così è stato classificato dalla casa editrice e dai librai e, alla fine, non a torto, forse.

Raccontaci un po’ del tuo rapporto con il romanzo storico, sia come lettore che come autore.

Avevo letto molte autobiografie di personaggi storici, non sono particolarmente appassionata di saggi, ho bisogno di “persone” che mi aiutino a viaggiare in epoche diverse.

Quindi Caterina  di Russia, Napoleone, Giulio Cesare,  dei superclassici.

Per documentarmi ho letto moltissimi romanzi  sull’epoca, di cui vorrei ricordare soprattutto il meraviglioso Le Variazioni Reinach di Filippo Tuena, e poi Marchands d’art di Daniel Wildenstein, New York City During World War II di Lorraine Dahl, 21 rue La Boétie di Anne Sinclair, Mezzanotte a Parigi di Dan Franck e tanti tanti altri.

Quali sono le difficoltà nello scrivere un romanzo storico? 

Quello che mi preoccupava di più era che i dati fossero assolutamente esatti. Muovere molti personaggi in giro per il mondo senza cadere in errori temporali, è stato per me estremamente complicato.

Non sono una scrittrice, ho lavorato per qualche giornale, e avevo scritto un altro libro, ma di tutt’altro genere, un epistolario fra due madri che perdono i loro figli.

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Quando ho cominciato quello che sarebbe diventato Fuga da Parigi, avevo cominciato pensando di cavarmela con un racconto lungo, ero partita  da una ricerca sui timbri trovati dietro a dei quadri comprati in Sud America da mio padre ma ho presto scoperto che i personaggi, almeno i miei, desideravano essere scoperti e raccontati quindi continuavo ad aggiungere contorni, particolari, dati storici che scoprivo strada facendo e le pagine aumentavano e così è stato per cinque anni.

Puoi dare qualche consiglio a chi vorrebbe cimentarsi in questo genere letterario?

Siate precisi, fate molta ricerca, non si può fantasticare. Per scrivere ho controllato più volte ogni dato, non potevo rischiare che ci fossero inesattezze trattandosi di un tema così serio come la Seconda guerra mondiale.

Qual è l’ultimo romanzo storico che ti è piaciuto particolarmente e perché?

Devo dire che in questo periodo ho un po’ lasciato il genere ma poco tempo fa ho letto Una Storia Comune di Ivan Gonçarov, consigliato addirittura da Tolstoj, e l’ho trovato interessante per sapere di più di come si viveva in quell’epoca in Russia nella prima metà dell’800.

Ho appena cominciato la biografia di Obama.

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Quali progetti letterari hai per il futuro?

Sono ferma al momento, cerco ancora di spingere Fuga da Parigi, cosa non facile perché la casa editrice non mi ha aiutato, come accade per la maggior parte degli autori sconosciuti e mi dispiace che la grande fatica che ho fatto finisca in nulla o almeno con un risultato di molto inferiore a quello che mi aspettavo.

Ho la grande soddisfazione che dopo due anni il libro “vada” ancora, esiste nelle librerie e addirittura viene consigliato da molti librai ma spero in una seconda edizione sperando che vengano eliminati parecchi refusi ed errori di cui non sono responsabile.

Sto pensando alla storia di uno dei fondatori dell’Istituto dei Tumori di Milano negli anni 20-30, un personaggio eclettico dai mille interessi lontani dalla medicina e dalla ricerca che erano le sue principali occupazioni. Basti dire che ha trovato il tempo di fondare una famosa squadra di calcio… ma è forse più difficile di Fuga da Parigi perchè vorrei restare in bilico fra una riflessione seria sugli enormi progressi fatti dalla medicine e nella terapia e un tono più leggero per parlare anche della differenza nei rapporti medico paziente testimoniata da molte lettere lasciate da questo medico ma non so come cominciare, avrei bisogno di un aiuto e lo sto cercando.

Ti sono piaciute le domande? Sul nostro blog puoi trovare altre interviste a scrittori di romanzi storici!

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