Ospite di Migliori Romanzi Storici è oggi Antonio Chirico, autore di un romanzo sul tardo medioevo e le crociate del nord.
Leggi direttamente dalle sue parole com’è nata e come si è sviluppata questa storia di amore, battaglie, intrighi familiari e tradimenti: tutti elementi che promettono una trama avventurosa e coinvolgente.
Chi è Antonio?
Antonio è un uomo che, da bambino, leggeva senza stancarsi mai romanzi d’avventura presi in prestito dalla biblioteca della scuola e giocava spesso con i soldatini di plastica. Dico meglio, Antonio aveva pochi soldatini di plastica, due o tre per la verità, ma, in compenso, in casa sua, abbondavano le medicine, giacché a quell’epoca i dottori erano di manica molto larga nel prescrivere farmaci. Antonio si stendeva per terra, schierava le pillole bianche contro le pillole rosse e studiava strategie di guerra. Ai suoi eroi in compressa faceva ingaggiare estenuanti duelli e, alla fine, gira e volta, vincevano sempre le pasticche rosse. Diventato adulto, Antonio fa l’avvocato ma, quando è da solo, torna il bambino di allora.
Ci dai qualche dettaglio in più sulla trama di Ramondo lo scudiero?
Il romanzo è liberamente ispirato alla vita di Raimondello Orsini del Balzo che, da scudiero, diviene un principe. É ambientato nel Regno di Napoli in pieno medioevo. Ramondello è il figlio cadetto del conte Orsini. Suo padre gli ha programmato una carriera ecclesiastica, ma lui è innamorato di una fanciulla destinata a diventare contessa e trova una sponda amica nel fratello della nonna, che non ha avuto figli e che gli risolve tutti i problemi designandolo suo successore. Unica condizione per ereditarne le fortune è aggiungere al proprio cognome anche quello del suo benefattore, «del Balzo».
Ma le cose non vanno secondo i piani e il ragazzo si trova costretto a partire come scudiero per le crociate del Nord, senza nemmeno poter dare un ultimo saluto alla sua amata. È una storia di amori, amicizie, tradimenti, conflitti familiari e battaglie avventurose. Ci sono anche incursioni nel mondo della cavalleria teutonica e nei misteri del Santo Graal, questi ultimi, ovviamente, frutto di mia invenzione. Il tutto, sullo sfondo storico della disputa tra due re pretendenti al trono di Napoli e dello scisma d’Occidente, con una Chiesa cattolica retta contemporaneamente da due papi in conflitto tra loro: non so se questo vi ricorda qualcosa… Insomma, le analogie con la contemporaneità sono innumerevoli.
Descrivi il libro con tre aggettivi.
Non ci riesco, sono i lettori cui spetta definirlo. Io, per evitare di vantarmi da solo, perché così mi ha insegnato mio padre, rischierei di rispondere: noioso, lento e banale.
Una scena del libro che ti piace particolarmente?
Ce n’è più di una, in cui mi sono particolarmente divertito a giocare coi miei personaggi. Il fatto che la biografia del protagonista fosse scarna, specialmente per la prima parte della sua vita, mi ha consentito di riempire con la fantasia gli spazi vuoti. Il capitolo «Il segreto dell’ultimo templare» è uno dei miei preferiti, ma anche «Amicizia fra i ghiacci», «Un consulto molto speciale» e «Malacarne», per nominarne solo alcuni.
Presentaci Ramondo.
Ramondo è l’eroe senza macchia e senza paura che tutti vorremmo essere, con i suoi difetti umani, certo, ma comunque un modello di coraggio, prestanza fisica e abilità. Io mi sono immedesimato in lui pur sapendo che, purtroppo, nella vita reale, non gli somiglio per niente e le sue doti non mi appartengono.
Perché (e a chi) consiglieresti Ramondo lo scudiero?
Lo consiglierei perché potrebbe nascondere più livelli di lettura: c’è la trama in sé, che potrebbe essere accattivante per i ragazzi, ma sottende pure significati più profondi destinati a un pubblico adulto, anche se questo vorrei che fossero i lettori a rilevarlo, io potrei anche non essere affatto riuscito nel risultato prefissatomi.
Cosa ti ha spinto ad ambientare il libro in questo particolare periodo storico?
La verità? avevo scritto un romanzo di getto che raccontava pari pari la mia vita senza rendermi conto che non avrei mai potuto pubblicarlo, perché trattavo in modo sincero e spietato me stesso e chi mi circondava, ai quali in fondo voglio bene. Sicuramente è valso come cento sedute di psicoterapia, perché, reso cosciente l’inconscio, sono riuscito a fare pace con il passato e liberarmi del mio fardello. Ma tanto mi è pesato accorgermi che avevo messo troppo a nudo la mia vita, nella stupida presunzione di atteggiarmi a novello Italo Svevo, che ho deciso, nell’approcciarmi a un nuovo progetto, di rifarmi alla biografia di un personaggio storico, per essere sicuro di non incorrere ancora una volta nello stesso errore.
Cosa non sappiamo delle crociate del Nord?
In realtà, non sappiamo nulla. Un po’ tutti conosciamo le più famose crociate di Terra Santa, ma, almeno per quanto mi riguarda, io ero completamente all’oscuro di quest’altra pagina di storia prima che Ramondello mi prendesse per mano e mi guidasse sul Baltico.
Raccontaci un po’ del tuo rapporto con il romanzo storico, sia come lettore che come autore.
Anche se sono avvocato, non mi hanno mai appassionato più di tanto i gialli. Sarà perché non sono un penalista, o più probabilmente perché mio padre, quasi analfabeta, amava i film «cappa e spada» e i western e io li ho subito amati assieme a lui. I miei primi libri letti sono stati Ivanhoe, Il Conte di Montecristo e Ben Hur. Come autore, l’ho già detto prima: nel momento in cui ho deciso che non avrei dovuto più parlare di me, mi è venuto naturale orientarmi sul romanzo storico avventuroso.
Quali sono le difficoltà nello scrivere un romanzo storico?
Mia moglie talvolta mi rimprovera di vivere in mezzo alle nuvole, staccato dalla realtà. Io stesso a volte penso che mi sarei trovato benissimo a vivere nell’ottocento o anche in mezzo ai cavalieri, piuttosto che in quest’era dominata da macchine e algoritmi. Non ho riscontrato particolari difficoltà, se proprio devo essere sincero. Forse avrei maggiori difficoltà a descrivere nei miei libri prodotti della tecnologia o modelli di autovetture e ciclomotori, settori che mi trovano completamente ignorante.
Puoi dare qualche consiglio a chi vorrebbe cimentarsi in questo genere letterario?
L’emozione. L’emozione non deve mai mancare. Se io, in questo mio romanzo, fossi riuscito a rendere sulla pagina scritta emozioni come quelle che gli spettatori vivono guardando film come «Il gladiatore» o «La maschera di ferro», riterrei di aver raggiunto il mio obiettivo.
Qual è l’ultimo romanzo storico che ti è piaciuto particolarmente e perché?
L’arciere del re dello scrittore britannico bestseller Bernard Cornwell, per la sua straordinaria capacità di tenermi incollato alla pagina e la maestria nel descrivere scene di battaglia e personaggi. Stilisticamente, è molto al di sopra di altri suoi colleghi che in Italia hanno maggiore notorietà.
- Cornwell, Bernard (Autore)
C’è un altro periodo storico in cui ti piacerebbe ambientare un romanzo?
Sì, nell’ottocento, all’epoca dell’Unità d’Italia.
Quali progetti letterari hai per il futuro?
Devo cercare di far convivere la professione forense, quella da cui traggo sostentamento, con la scrittura, che, allo stato, non rende, anche se mi appassiona. Ma non è facile. Sicuramente, scrivere di se stessi sarebbe più agevole: in due o tre mesi un libro sarebbe bell’è pronto, mentre un romanzo storico richiede ricerche bibliografiche approfondite, letture e studio di libri antichi: quindi, se ne vanno circa un paio d’anni, se non di più, e tante notti insonni. Penso, in futuro, di dedicarmi a qualche altro personaggio che si è mosso nel Salento, perché è più facile fare interagire le mie creature nei luoghi che conosco meglio, ma è ancora presto per parlarne.