Voglio oggi portarti alla scoperta di uno degli episodi più famosi della storia dell’Antica Roma: l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., argomento già trattato con successo da molti autori.
L’autore intervistato oggi è Armando Carravetta, professore all’Università degli Studi Federico II di Napoli.
Chi è Armando?
Sono un ingegnere, un docente universitario. Scrivo per passione e ho un debole per la storia antica. Ho già pubblicato una serie di gialli ambientati nella mia città, a Napoli, il cui protagonista è un netturbino ficcanaso. Trimalcione e il mistero di Plinio è il mio primo romanzo storico.
C’è in qualche personaggio una tua caratteristica?
Più che in un determinato personaggio, credo che le mie caratteristiche possano essere riconosciute nella architettura del testo. In fondo in fondo, alla base c’è l’ingegnere, il ricercatore. Amo sviluppare i miei libri a partire da una trama ben definita ma non troppo invadente.
In questo modo i personaggi e il contesto non ne escono soffocati. I protagonisti sono sempre abbastanza insoliti, frutto di una ispirazione improvvisa. I caratteri e le descrizioni sono scolpiti in poche righe.
Ci dai qualche dettaglio in più sulla trama di Trimalcione e il mistero di Plinio?
Trimalcione è un liberto arricchito ormai attempato, già famoso in vita per essere stato ridicolizzato da Petronio nel suo Satyricon. La sua ricchezza deriva anche dall’attività di delatore per gli imperatori precedenti, che gli ha procurato molti vantaggi nel commercio.
Durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. viene chiamato a indagare sullo strano rinvenimento di un sigillo imperiale nella tunica di un uomo assassinato a Baia. Grazie alla sua perspicacia comprende che è in atto un complotto contro il nuovo imperatore Tito.
Una scena del tuo libro che ti piace particolarmente?
La soluzione del giallo passa per la ricerca del misterioso forziere di Plinio, il comandante della flotta romana di Miseno, morto a Stabia durante l’eruzione.
Proprio a Stabia è ambientata l’ultima parte del libro. Trimalcione di notte si troverà di fronte al vulcano, affascinato dal rumore dell’eruzione, simile a un profondo e affannoso respiro, e lì, incantato, tirerà le somme della sua vita passata.
Descrivi il libro con tre aggettivi.
Dinamico, insolito e accurato.
Cosa ti ha spinto ad ambientare il libro durante l’eruzione del Vesuvio?
L’ambientazione doveva essere nell’area dei Campi Flegrei negli anni del passaggio dalla dinastia Giulio-Claudia a quella Flavia. Certamente l’eruzione del Vesuvio ha rappresentato l’episodio più catastrofico e affascinante dell’epoca. Quindi mi è sembrato logico parlare di quell’evento e di trasferire buona parte dell’azione proprio sotto il vulcano.
Cosa non sappiamo dell’eruzione?
Grazie all’archeologia sappiamo abbastanza.
Ma mi affascina molto la tenacia dei Romani nell’affrontare la sorte avversa facendo ricorso alla tecnica. A questo proposito, credo che sappiamo ancora poco di quanto è accaduto dopo l’eruzione: parlo dell’incredibile sforzo che è stato necessario per riparare i danni sugli edifici, gli acquedotti, le strade in gran parte della Campania.
Ignoriamo anche quali siano state le reazioni morali del popolo antico. Di sicuro, dev’esserci stata parecchia frustrazione nei Romani, per non essere capaci di liberare Pompei ed Ercolano.
Quanto è stato difficile mischiare un evento storico (l’eruzione) e un’opera letteraria (il Satyricon) in un giallo?
Questa commistione non mi è costata troppa fatica. La cultura e la storia della civiltà romana sono elementi assorbiti nelle mie conoscenze.
Paradossalmente, mi è costata più fatica liberare Trimalcione e gli altri personaggi dal peso storiografico e renderli caratteri vivi, facendone cioè riemergere l’umanità. In questo devo ringraziare la mia agenzia, Psocoidea, che nelle revisioni mi ha mostrato questo limite.
Riguardo invece alla cornice da romanzo giallo, mi sono basato su un genere che ho già frequentato in passato. Considerando che il mio primo personaggio è stato uno spazzino chiacchierone, avevo già studiato qualche espediente per sostituire al classico investigatore un personaggio marginale pieno di vitalità napoletana!
C’è una curiosità sui Romani che non sappiamo ma che dovremmo conoscere?
Durante le ricerche preparatorie per lo sviluppo del romanzo ho fatto diverse scoperte interessanti.
La più grande di tutte è stata quella di dover ammettere la mia ignoranza.
Quello che sappiamo tradizionalmente su Roma deriva da una visione ormai obsoleta del mondo antico. Troppi libri si appoggiano ancora a una ricostruzione idealizzata o parziale della classicità, preso in prestito dalla storiografia romana.
Viceversa, gli studi contemporanei hanno modificato profondamente l’interpretazione storica e sociale di alcuni eventi, grazie alle scoperte archeologiche, allo studio comparato delle fonti e a un diverso approccio filologico. Di tutto questo recepiamo solo qualche slogan qua e là, qualche curiosità appunto.
So di non sapere è l’atteggiamento giusto riguardo alle trasformazioni di Roma durante la dinastia Giulio-Claudia. Ci sono in gioco tantissime ombre, misteri ancora irrisolti.
C’è un altro periodo storico in cui ti piacerebbe ambientare un romanzo?
Mi attrae la vita monastica della Napoli del Seicento.
Raccontaci un po’ del tuo rapporto con il romanzo storico, sia come lettore che come autore.
Cominciare a scrivere ha rappresentato per me una cesura rispetto a un passato in cui ero un grande lettore. Ora leggo con maggiore difficoltà. Amo il romanzo storico solo se possiede una base solida.
Magari la storia può essere inventata di sana pianta, come succede nel mio libro, ma deve essere equilibrata, mai eccessiva, e ancorata a dettagli storici verosimili.
Quali sono le difficoltà nello scrivere un romanzo storico?
Le difficoltà nello scrivere un romanzo storico sono molteplici. Su tutte, la ricerca di un equilibrio tra ispirazione storica e letteraria, per rendere vivi i personaggi vissuti secoli prima e così diversi da noi. Ci vuole poi capacità di sintesi nelle descrizioni storiche: non bisogna lasciarsi prendere la mano da eccessi di eruditismo.
Puoi dare qualche consiglio a chi vorrebbe cimentarsi in questo genere letterario?
Non mi permetterei mai alcun consiglio.
Posso solo dire come scrivo: immagino la trama e la sviluppo in mente; scrivo di getto, senza soffermarmi troppo su quanto ho appena steso; uso un metodo rigoroso nella ricerca storica; rileggo e cerco di dare equilibrio alle parti, di risolvere aporie e contraddizioni.
Qual è l’ultimo romanzo storico che ti è piaciuto particolarmente e perché?
Tra i romanzi letti più di recente, ho apprezzato quelli che approfondiscono aspetti meno conosciuti della storia romana.
Gli ultimi fuochi dell’impero romano di Giulio Castelli, edito da Newton Compton, mostra la decadenza di Roma sotto l’imperatore Maggioriano.
Il mantello di Porpora di Luigi De Pascalis, La Lepre edizioni, descrive l’ultimo tentativo dell’imperatore Giuliano di restaurare il paganesimo come religione dell’impero.
Nel nome di Cesare di Andrea Oliviero, uscito su Aporema edizioni (che è anche il mio editore) che si concentra sul rapporto di Cesare con i suoi centurioni.
Quali progetti letterari hai per il futuro?
Sto continuando a scrivere i nuovi episodi di Trimalcione. Il prossimo romanzo vede un giovane Trimalcione all’epoca di Tiberio.
Poi vorrei scrivere un romanzo contemporaneo su due amici cinquantenni che improvvisamente si accorgono del trascorrere degli anni e del fallimento dei loro sogni, per il quale ho ideato una trama fantasiosa.